MdAA - intervista a Massimo d’Alessandro - ISPLORA
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MdAA: dalla teoria alla pratica

Architetti

In occasione dell’uscita del nuovo film di ISPLORA “Open House” abbiamo avuto la possibilità di incontrare uno dei protagonisti, l’Arch. Massimo d’Alessandro, docente e fondatore dello studio romano MdAA.

Insieme all'Arch. Massimo d'Alessandro abbiamo anche intervistato uno dei partner dello studio, l’Arch. Susanna Mirza. Vediamo con loro  gli approcci e gli obiettivi del lavoro di Massimo d’Alessandro Architetti Associati, attraverso alcuni progetti.

Potreste raccontare alla redazione di Isplora la storia dello studio MdAA fondato a Roma nel ’90 da Massimo d’Alessandro? Oggi come si struttura MdAA, in quali ambiti lavora e con quale metodo?

Massimo d’Alessandro (MdA): Partirei dalla nostra partecipazione a Open House Roma per raccontare la storia dello studio di cui io sono il fondatore. 

Quest’anno abbiamo partecipato con due edifici: il primo è l’appartamento mostrato nel film di Isplora “Open House”, mentre il secondo è un edificio del 1970 – un residence nell'area della Camilluccia – che fu progettato da me i miei compagni dello studio STASS (Ciucci, d'Alessandro e Manieri-Elia); volendo semplificare un po’, mi verrebbe da dire che lo STASS, insieme al GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanisti), rappresentavano la versione romana dell’ Architettura Radicale.




Partendo da quella vecchia esperienza, per seguire la mia storia, io poi per una ventina di anni ho fatto il professore a tempo pieno alla Sapienza, dove ho insegnato prima tecnologia e poi Disegno Industriale. Negli ultimi anni di questa esperienza il vero ritorno alla progettazione fu il Concorso per l’Ampliamento della sede della Facoltà di Architettura di Valle Giulia (insieme a Francesco Cellini, Nino Dardi ed altri colleghi), che vincemmo.

In quegli anni si é andata consolidando una struttura intergenerazionale di progettisti, che comprendeva anche miei ex-studenti, che si é trasformata nella struttura portante dello studio che si è formato nel ’90, attorno a me con alcuni miei collaboratori al lavoro accademico: il punto di partenza dello studio MdAA.

L’ambito principale di lavoro ha ruotato fin dall’inizio sulla riqualificazione di piccole parti di città in contesti di alto valore storico-ambientale. Questa è ancora la nostra tematica strategica.

Guarda il film "Open House" per approfondire le tematiche legate alla progettazione d'interni

Costruire nel costruito…

MdA: Esatto, perfetto! Volendola riportare alla teoria, perché in Italia c’é stata una teorizzazione importante di questi temi che ha origine nella storia dell’Architettura Radicale fiorentina, con un’ importante discorso di Andrea Branzi sulla città… che si modifica con il riadattamento interno di ciò che nel tempo é già stato costruito: nella nostra esperienza progettuale un esempio sono residenze in vecchie stalle, uffici in vecchie fabbriche dismesse, servizi commerciali in vecchi palazzi nobiliari…e si potrebbe continuare a lungo.

Non si opera soltanto nel miglioramento della qualità di chi vive negli spazi ma si contribuisce a tutto il tema della rigenerazione urbana, questa è la base teorica su cui noi fondiamo il nostro modo di progettare. da un punto di vista metodologico.

A livello di studio crediamo che il progetto sia frutto di una collaborazione organica a varie scale e con varie discipline, dove noi cerchiamo di mantenere il carattere unitario e fortemente identificato del progetto iniziale.

L’esperienza di insegnamento e ricerca presso la facoltà di Architettura dell’Università Sapienza di Roma quale peso ha avuto nella costruzione dei temi progettuali di MdAA? In quali termini e forme si può parlare di una sperimentazione tecnologica e nel campo del design?

MdA: A mio parere la connessione con gli ambiti di ricerca è duplice: di carattere teorico da un lato, fare architettura e design ad un certo livello per fare cultura, dall'altro l’idea della sperimentazione tecnologica, il legame con l'innovazione. L'espressione linguistica del nostro studio è parzialmente connessa con un certo tipo di sperimentazione costruttiva, fare un progetto d'architettura si differenzia soprattutto dal fare un progetto industriale proprio perché tu ogni volta costruisci un primo prototipo di quello che fai

Ma appunto per parlare dell’aspetto costruttivo, molto direttamente legato anche all’insegnamento del Design, noi cerchiamo di spostare sempre un po' in alto l'asticella anche nella pratica professionale: tutte le sperimentazioni tecniche fatte all'interno delle abitazioni, ad esempio potremmo prendere la Casa Galleria, vede diverse soluzioni nuovi nuove. In termini realizzativi, e siamo all’ultima declinazione di un’idea di progetto.

Non a caso noi lavoriamo con artigiani e con manifatture avanzate tecnologicamente ma legate all’alta qualità proprio per cercare continuamente di utilizzare le occasioni professionali in campo di sperimentazione di nuove soluzioni. Naturalmente questo discorso ne apre ad un altro, complementare, sulle caratteristiche della Committenza in Italia.

La “traduzione” in questo caso diventa fondamentale, la ricerca di un certo tipo di di savoir faire, di materiali, deve declinarsi nella realtà del progetto…

MdA: Facciamo un esempio, perché guardando indietro si rischia di appiattire tutto. L’iPhone è uscito  per cosí dire l'altro ieri nel 2007 e ci sembra un secolo. Noi nel 2000, che ormai sembra già un passato remoto, abbiamo disegnato delle cabine telefoniche (appunto, non erano ancora usciti i cellulari) pensando che nei centri storici delle città italiane bisognasse accettare la sfida della convivenza tra leggerezza e trasparenza di manufatti contemporanei e monumenti storici, si trattava di cabine in cristallo strutturale tecnicamente molto innovative: ottenemmo un premio dell’AIA, l’Associazione degli architetti USA, per l’uso magistrale del cristallo stratificato. Le cabine telefoniche diventarono presto inutili.

A proposito della vostra ricerca progettuale, ad emergere nel vostro lavoro sono la cura e la qualità proposte, soprattutto per quanto riguarda gli interni. Elementi che sono al centro dei due progetti come la “Tree House” e la “Casa Galleria”. Potreste raccontarci gli aspetti principali di questi due progetti? Quali i riferimenti e le aspirazioni?

MdA: La “Tree House” è la riconversione si uno spazio nel tessuto storico “intensivo” di Trastevere, la cui destinazione d'uso era quella di una stalla, con tetto a capriata e una altezza interna di 10 metri. Avevamo una richiesta specifica della committenza: una camera da letto padronale suggestiva ma isolata totalmente dal punto di vista acustico e visivo.



Questo punto mette in evidenza il nostro modo di lavorare, cerchiamo sempre di avere una fase in cui committenza e progettisti si misurano nella invenzione di una narrazione, come studio abbiamo compreso quanto sia importante la fase di concept, pensare a cosa si trasmette, a cosa racconta l’architettura.

Nel caso della “Tree House” l'idea era di partire da questo grande spazio senza occluderlo, senza ingombrarlo, lasciandone la visione aperta. Da qui l’idea di una camera sospesa per aria, come una piccola casa sull’albero attorno a cui gira  lo spazio del soggiorno…Chi abita nella casa sull'albero è totalmente isolato dal contesto e dunque dal resto della casa.

L’idea dello spazio è talmente forte, che ci ha portato a lavorare con materiali abbastanza industriali, non costosi, piuttosto semplici, perché la suggestione spaziale riesce ad assorbire delle dimensioni anche non eccessivamente articolate linguisticamente.

La questione fondamentale è proprio questa: il primo approccio al progetto, anche di interni, è sicuramente spaziale. Poi arriva il discorso sul linguaggio materiale, sulle soluzioni costruttive che vengono in secondo piano.

Susanna Mirza (SM): Sicuramente il progetto della “Tree House” è un progetto in cui il dettaglio è un dettaglio industriale. C'è grande uso di grigliati, di lamiera di ferro da laminatoio.



Dai dettagli si riconosce la nostra attenzione alla qualità sartoriale. Scegliamo quanto utilizzare soluzioni più pregiate o più industriali, in base anche alla ricchezza spaziale del contesto e al budget del committente. In questo caso lo spazio era già molto articolato che non era necessario intervenire sul dettaglio.

MdANella casa dell'EUR, la “Casa Galleria”, il tema era quello di unire due appartamenti sovrapposti – esempi di un’edilizia tipica del dopoguerra – in un unico spazio di rappresentanza in grado di ospitare una collezione di fotografie di artisti di gran livello.

La soluzione è stata quella di lavorare su due punti di connessione nel solaio intermedio in modo da collegare visivamente i due appartamenti e dargli luce e in modo da cambiare la percezione dello spazio: chi entra capisce  immediatamente di trovarsi davanti ad un unico ambiente alto 6 metri, non più uno spazio alto 2,70 metri

In uno di questi due punti nel solaio abbiamo realizzato una scala scultorea che fosse il collegamento visivo immediato entrando in casa. Una scala molto complessa e di difficile realizzazione poiché è un’ellisse molto schiacciata.



(SM): Basti pensare che l'ultimo pezzo del corrimano della scala rischiava di rompersi più volte mentre tentavano di farlo. In questo caso è necessario lavorare con artigiani che ti supportano nella ricerca e ovviamente un committente che crede molto nel risultato finale.

Quando la progettazione è spinta a questi punti, dove veramente c'è una sperimentazione molto spinta, bisogna avere un controllo del processo totale…

(SM): Un esempio è l'utilizzo dell'acero, del legno, che abbiamo fatto in particolare per il pavimento ma anche per il controsoffitto. Un materiale che riesce ad essere naturale e allo stesso tempo riesce ad avere una forte vocazione per l'astrazione, attraverso il montaggio in pannelli di grandi dimensioni.

Insomma, una volta che si esce dalla standardizzazione si cerca di avere delle opzioni per differenziare e sperimentare, oltre alla necessità di relazionarsi con un committente “disponibile”…

(SM): In questo caso il committente viene pagato dall'originalità e dalla qualità del prodotto finale, è un percorso che può incontrare degli ostacoli legati alla prototipizzazione e alla sperimentazione, ma confrontandoci spesso su questioni complesse e contesti storicizzati siamo abituati a trovare tutte le soluzioni mantenendo l’attenzione sugli obiettivi che ci vengono richiesti e sulla qualità della vita all’interno degli spazi che progettiamo.



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